lunedì 19 novembre 2018

Non esco più


non esco piu' stasera
e' tardi e sono in cielo
i fiori che volevo
raccogliere per te.
Aspetta, non andare,
senza di te che piove
a fare? dimmi
che dio pregare
se tu non resisti

vedi? non piango
piu' stasera
e' buio e sono solo
frasi che io volevo
raccogliere per te.

Aspetta, lascia stare,
cambia idea, non
volare, ritorna
e le parole che
soffocano in gola
per te saranno miele
stanotte, ma rimani,
non mi lasciare
solo non riesco a
dimenticare
il velo di paura
nei tuoi occhi.

non esco piu' stasera
e' tardi e sono in cielo
i fiori che volevo
raccogliere per te.



giovedì 15 novembre 2018

Di passaggio


Verrai

Mi toglierai
il colore
dai capelli
e sfumature
ruberanno il senso
ai dettagli
sulla mia tela.

Mi toglierai la voglia
di scoprire
e il gusto
di un incontro
avrà un sapore amaro.
A volte
scorderò il suo nome
e in una lacrima
il sale della vita
scorrerà lento.

Mi priverai dell’ultimo
piacere,
dell’eco rassicurante
della sua voce.
E mi cancellerai
dagli occhi
il suo sorriso

Mi toglierai la voglia
di lottare
e piano mi accarezzerai
nel buio
per rubarmi
dalle palpebre il sonno.
E la paura
si farà sera.

Le forze ed il respiro
saranno
pedaggio al tuo confine
e lentamente
insieme svanirà
come un inganno
ogni ricordo.

Perché siamo tutti
Di passaggio.

mercoledì 25 luglio 2018

I prati di Valentina




“Mamma mia, come sei noioso.” 
Disse Valentina alzandosi in piedi e, ripiegando accuratamente il plaid che aveva adagiato sull’erba umida della notte per non bagnarsi il vestito nuovo. Diede un’ultima occhiata al cielo e un lungo sospiro al prato. Poi con un cenno del capo, un misto fra il voler sistemare i lunghi capelli castani e un gentile invito ad andarmene a quel paese, disse:
“Accidenti mi fai paura quando parli in terza persona e pure al passato! Mi sembra di essere già defunta”
E’ il mio lavoro, lo sai.
“ Io torno al fuoco”
Io resto qui, si ha una buona visuale d’insieme da questo punto.
“Fai come vuoi pignolo”
E scomparve dentro la macchia d’alberi in fondo al prato che nascondeva il sentiero per il ponte di legno che l’avrebbe riportata sullaltra sponda del fiume, dove il resto del gruppo nove stava preparando il fuoco per cuocere la polenta e le salcicce.

Valentina dimostrava qualche anno in meno dei suoi sedici, ma guai a farglielo notare: sarebbe stato come cercare di disinnescare una mina antiuomo posandoci un piede sopra: una pessima idea.
Io lo so bene, perché’ incautamente sfiorai l’argomento qualche tempo fa e non fu piacevole.
Solo limitatamente all'aspetto, tuttavia, si sarebbe potuto osservare che Valentina avesse meno dei suoi sedici anni, perché’ nei modi e nel carattere era certamente più grande.
Dotata di un’acuta intelligenza maturata in un’arguzia pungente e di un indomabile spirito d’osservazione mescolato a un’energia inesauribile che sembrava ella traesse dalla terra stessa, Valentina non stava mai ferma un attimo: capace dei più arditi voli di fantasia e delle più astruse imprese, non era mai paga di una situazione; sempre alla ricerca di qualche nobile vocazione in cui gettarsi a capofitto o di qualche malaugurato da salvare. Da cosa poi, il più delle volte non lo si sarebbe potuto dire con certezza.

Gregorio non era un ragazzo di quelli che si notano subito; se ne stava spesso tranquillo in disparte, tuttavia non era il classico tipo timido, schivo e imbarazzato. Per nulla.
Lui semplicemente se ne stava li, come inebetito, assorto in chissà quale pensiero.
Gregorio era i suoi occhi e le sue mani. E Valentina lo sapeva bene. A lei non sfuggiva nulla e non poteva non raccogliere la sfida di quegli occhi profondi e tristi come abissi castani o non lasciarsi rapire dal movimento inusuale e ipnotico di quelle mani dalle dita lunghe e affusolate, porte su mondi che lei sentiva di non aver ancora esplorato.

Il fiume Evan scendeva bianco come la neve del monte Taren, dalla quale traeva origine seimilaottocentoventisei metri più in alto. Scendeva impetuoso fra rapide, gorghi e cascate, trovando naturalmente il suo spazio fra alberi e rocce, fino ai Piani d’Azar, dove si riposava in un ampio avvallamento e, sinuoso come le modelle del Sirkada, accarezzava il grande prato di myosotis, dove non di rado si potevano ancora ammirare le marmotte bianche uscire con circospezione dalle loro tane e scendere per dissetarsi a quelle gelide acque.
Con un cupo ma piacevole fragore, dopo essersi fatto strada fra i ripidi versanti boschivi del complesso del Vexor, il fiume Evan attraversava il bosco della Luna, dove il gruppo nove aveva stabilito il campo base e stava accingendosi a cucinare la polenta.
Il fuoco era venuto proprio bene: grande e sfavillante illuminava tutto l’accampamento, proiettando ombre irrequiete fra i rami e sui volti eccitati dei ragazzi.
Eccitati o semplicemente affamati?  In fondo l’arrampicata non era stata delle più semplici e nessuno aveva toccato cibo nelle ultime diciotto ore.
Gregorio stava appoggiato ad un grande albero, incantato dal volo dei lapilli: li seguiva con lo sguardo dall’istante in cui si staccavano dal fuoco fino a che non scomparivano spegnendosi alti nel cielo della notte.
A un tratto una luce più intensa e più bianca si staccò dal cielo: lo sciame di meteore era ormai prossimo all’atmosfera.
Gregorio si guardò per un attimo intorno, come per controllare che nessun altro l’avesse vista, poi in silenzio espresse un desiderio.
Come previsto si sentì un po’ stupido a fare una cosa del genere; sapeva che si sarebbe sentito così, ma era una cosa che aveva sempre fatto, fin da bambino. Gli ricordava suo padre.
“Che desiderio hai espresso?”
Si voltò di scatto. Come se l’avessero svegliato di soprassalto da un sonno profondo. Abbassò lo sguardo dal cielo e lo posò dritto negli occhi di Valentina.
Lei arretrò quasi dovesse consolidare una posizione d’equilibrio fattasi improvvisamente incerta. Era come se da quegli occhi spalancati in un’innaturale espressione interrogativa fosse uscita una forza che l’avesse spinta bruscamente indietro.
Si sorprese ad esplorare quello sguardo e le parve di scorgere, dietro lo stupore, un velo sottile di rimprovero e una lacrima di malinconia.
Poi le pupille di Gregorio si restrinsero per adattarsi alla nuova condizione di luce e, nel mettere a fuoco il volto di Valentina illuminato dai riflessi del fuoco e della luna, apparve, dietro a quegli occhi il viso, con l’espressione imbarazzata di chi si fosse sentito violato o vulnerabile, ma forse solo perché’ sorpreso a contemplare le stelle come un bambino.
“Se te lo dico, non si avvera”
Disse con un tono forzatamente serio che avrebbe maldestramente dovuto suonare autoritario.
 “Dai, dimmelo! Alla prossima stella lo puoi esprimere di nuovo e non me lo dici più. Anzi, sai che facciamo? Lo esprimo io per te”
Disse Valentina registrando, ma catalogando come privo di rilevanza il tentativo di Gregorio di mascherare quel lieve imbarazzo.
“Non riesco a capire cosa sia veramente importante per me.”
E mentre diceva queste parole riportando lo sguardo al cielo, Gregorio si fece serio, davvero questa volta. Si scostò dall’albero al quale era stato appoggiato tutta la sera e si diresse verso un piccolo praticello fra gli alberi che non era raggiunto dalla luce del fuoco. Nel volgerle la schiena per intraprendere lo stretto sentiero fra i cespugli fece un cenno a Valentina come a invitarla a seguirlo.
Immotivatamente Valentina esitò per un istante, come se ci fosse qualcosa da temere ad allontanarsi pochi metri dal fuoco, sebbene con Gregorio avesse combattuto battaglie in missioni dalle quali nessun soldato avrebbe avuto la minima possibilità di tornare vivo.
Non c’era posto al mondo in cui non si sarebbe addentrata o battaglia che non avrebbe avuto il coraggio di affrontare con Gregorio a coprirle le spalle, ma questa volta non c’era il suono dell’artiglieria a distrarla, non c’era la guerra a proteggerla e lui non era lì per coprirle le spalle dal fuoco nemico.
Gregorio si voltò e Valentina, sorpresa a scrollarsi di dosso quella fastidiosa sensazione di turbamento, lo seguì attraverso il bosco.
Il crepitio del fuoco svaniva, lasciando spazio al suono del fiume come fosse l’eco di un tuono lontano. Il cielo filtrava dai rami e le stelle viste dal sentiero riacquistavano la loro naturale luminosità.
“Da qui potrai vedere la tua stella”
La voce di Gregorio proveniva dalla macchia buia al centro del praticello.
In effetti, il soffitto di rami si andava via via diradando, come una piccola falla nella fitta trama del bosco, tuttavia grande abbastanza da lasciare ammirare gran parte della volta celeste adagiata sul versante Nord del massiccio del Tor. E Valentina s’accorse di poter scorgere tutte le stelle del cielo, anche le più lontane e flebili, in quella notte fredda e serena.
“Tu sai qual è il tuo più grande desiderio, Vale?”
Valentina distolse lo sguardo dal cielo per posarlo sulle mani di Gregorio che nel frattempo si era sdraiato, scomparendo fra l’erba alta. Sdraiato, guardava quella cupola di stelle, e parlava disegnando il profilo dei monti con le dita; così le mani, illuminate dal cielo, erano l’unica cosa di lui che spuntava dai lunghi steli verdi.
A valentina venne in mente l’immagine di un direttore d’orchestra, come se Gregorio dirigesse il suono delle sue parole e il corso dei suoi pensieri con la punta di quelle lunghe dita sottili.
Si diresse verso di lui e si sdraiò al suo fianco.
“Non saprei Greg. Vincere la guerra?”
Poi si accorse che l’erba era umida e si ricordò del plaid.
“Aspetta, sdraiati su questo, altrimenti alla tua età chissà che mal di schiena ti prendi”.
E distese l’ampio lenzuolo di lana scozzese sul prato, sorridendo scherzosamente.
A Gregorio piaceva quel sorriso; lo vide brillare alla luce della luna mentre si adagiava su quel letto di fortuna pensando
“...è così che vorrei morire”
“Hai detto qualcosa?”
“No, niente, pensavo ad alta voce... hai già visto qualche stella cadente?”
“No”
Silenzio.
“Quanti anni hai, Vale?”
“Lo sai, sedici...”
“No, sai cosa intendo”
“Ancora con questa storia? Lo sai che l’età anagrafica è proibita. Solo quella biologica. Articolo quindici.”
“Sì, lo so, articolo quindici, paragrafo ventidue:”
E, proseguendo in maniera meccanica:
“ -Ogni assegnante è concepito e programmato dalla nascita per servire la federazione come soldato scelto, per questo motivo la sua Età Biologica Massima, è fissata in base all’esito della selezione infantile.  Al raggiungimento della EBM, essa si sostituisce a tutti gli effetti all’età anagrafica in ogni documento o comunicazione verbale e scritta. Da tale istante è fatto divieto assoluto a ogni assegnante di comunicare o diffondere la succitata età anagrafica.-“
“Accidenti, non so come facciano a inculcarci tutti questi regolamenti nel cervello prima ancora che prendiamo coscienza della nostra identità sociale”
“Ci sono regole e principi a tutela del vivere civile e noi siamo qui per difenderli Greg, lo sai. Rivelare la nostra età anagrafica vanificherebbe il senso stesso della nostra condizione di deriver oltre ad essere un dato francamente irrilevante”
“Irrilevante? Sei davvero così vecchia dunque?”
“Greg! Sei insopportabile. Comunque sei più vecchio di me.”
“Già ventiquattro anni contro sedici. Sei proprio una bambina a volte”
“Smettila, lo sai che per le ragazze fissano mediamente un EBM minore. Maturiamo prima caratterialmente e psicologicamente e possiamo svolgere compiti che voi, cari maschietti, potete solo accontentarvi di sognare.”
 “Scusa, scusa, non ti scaldare. Scherzavo.”
“Anch’io scherzavo, lo sai che non mi arrabbio mai.”
“…e meno male!”
“Idiota”
“Stupida”
Una brezza leggera piegava i lunghi fili d’erba svelando a tratti i due corpi distesi, mentre poco distante Peter pazientemente girava la polenta con un grosso ramo accuratamente ripulito da terra e corteccia.
“E’ quasi pronto, fannulloni. Venite almeno a dare una mano a cuocere le salcicce?”
“Ma almeno la sai la tua età?”
“Certo che si!”
Rispose Valentina infastidita che fosse messo in dubbio che non si ricordasse una cosa così ovvia.
“Perché’, tu no?”
“mmm, non ne sono sicuro, sai, dopo tutto questo tempo non credo di saperlo più con esattezza”
“ma almeno saprai l’anno in cui sei nato no?”
“Certo, era il mill...”
“GREGORIO! Basta, me ne vado.”
Disse Valentina alzandosi e facendo rotolare Gregorio fuori dal plaid con uno strattone.




sabato 17 febbraio 2018

La musica del mondo

Per quanto il cielo si tinga d'azzurro
il sole scaldi, il fiume scivoli
frusciando nel bosco,
la luna mormori la sua magia
e dolce soffi la brezza fresca della sera

Benché dalle vette innevate 
la notte accarezzi le cime dei pini, 
il cielo brilli di stelle accesso, 
risuoni il prato al canto dei grilli 
e il ramo al frinire della cicala, 
Il mio animo è inquieto.

Il pensiero  non trova pace
se non nel ricordo di te;
Il mio sguardo si perde nel desiderio
dei tuoi occhi e la musica del mondo
non ha l'armonia di un tuo sorriso.