mercoledì 18 novembre 2009

L'esigenza del silenzio

Non e' il rumore di fondo racchiuso
nel vano ideale confuso
da un'effimera agonia o l'affanno
per una incerta bandiera
che mi disturba.

Non sono i dettami sguaiati
o i sussurri premurosi d'una cordiale ipocrisia,
ne' il fievole grido di terrore
che accompagna il pensiero di scomparire
prima d'aver vissuto
che mi spaventa.

E' piu' il fragore dei pensieri,
lo strepito dei ricordi,
il fiume dei sentimenti,
la cascata di domande infrante
sul senso del sacrificio
mai capito fino in fondo.

Non e' per fuggire il rumore del mondo
ne' l'avvizzire vergognoso del coraggio
o il passo lieve dell'indifferenza
sul docile sentiero del compiacimento
che mi coglie l'esigenza del silenzio.

Piuttosto per la quiete della mente,
la ricerca del vuoto o dell'assenza,
per dividermi da una parte di me,
dall'angoscia di false esistenze,
confondendo perdita e mancanza
alla ricerca di un punto d'equilibrio
equidistante dal rimpianto e dal rancore,
nella speranza di trovarti ad aspettarmi
quando era solo amore
per dirmi che capisci
l'esigenza del silenzio.

giovedì 12 febbraio 2009

Scelte e percezione

Se non avessi fatto le scelte che ho fatto, la mia vita sarebbe potuta essere migliore di quanto non sia di fatto stata, anche se probabilmente non sarei stato in grado di rendermene conto e avrei continuato a pensare ad essa alla stregua d'una latrina, che tra l'altro e' quello che penso adesso con la non trascurabile differenza che la mia vautazione sia ora mitigata dal fondato sospetto che al sopraggiungere delle conseguenze delle mie prossime discutibili scelte io mi possa rendere improvissamente conto di quanto solo in apparenza essa mi appaia tale. D'altro canto, qualora qualcuna delle mie attuali azioni si rivelasse inaspettatamente quanto fortunosamente vantaggiosa, la mia valutazione verrebbe da questa tristemente avvalorata, la qual cosa si rivelerebbe, ne converrete, per lo meno seccante, per quanto edulcorata da una migliore prospettiva. Dunque che fare?

mercoledì 11 febbraio 2009

Quanto tempo occorre ad un uomo?

Quanto tempo occorre ad un uomo per convicersi che amore e’ un illusione?
Quanto ne occorre a te, ancora?
Se l’amore e’ bisogno, avra’ il mutevole aspetto del desiderio.
Se l’amore e rifugio, avra’ il respiro corto della paura.
Se l’amore e’ dolore, avra’ gia’ cambiato nome.
Mascherato da un inganno della mente,
d’allettanti promesse agghindato,
meraviglioso ci appare l’amore.
Sagome nel cartone ritaglia, coriandoli colorati, caledoscopici privati stupori.
E’ veleno l’amore.
Quasi mai mortale. E antidoto al tempo stesso.
Droga e astinenza, gratificazione e rimorso. Insieme e’ l’amore.
Quanto tempo occorre ad un uomo per capire che amore e’ la causa,
che l’amore e’ l’effetto.
Inganno fidato, primitiva paura, estremo conforto. Insieme e’ l’amore.
Divisi e’ l’amore.
Quanto tempo occorre all’uomo per accettare l’amore?

martedì 13 gennaio 2009

Maiasa chikatetsu de kaisha ni ikimasu

(Music by Attura
http://www.attura.it/Attura/DISCOGRAFIA_files/maiasa%20chikatetsu%20de%20kaisha.mp3)

Il sentiero che comincia ai piedi del mio letto
non conduce da nessuna parte.
E sprofondo nel cuscino per fermare il tempo
mentre ripongo i sogni nel cassetto.
Mi ritornano alla mente frasi da ragazzo,
strofe di vecchie canzoni,
la bisnonna che racconta come da bambina
si dosava con prudenza il sale.

Poi una talpa gigantesca senza alcun preavviso
ha scavato tutta la città
ed il mito del progresso indicando a tutti il cielo
ci ha lasciato in fondo a questo viale.

Con le voci di metallo e i guanti immacolati
gli Addetti alla Puntualità
con cortese ostinazione ci comprimono all'interno
il vagone forse esploderà.
Qui l'ossigeno è pesante , tutti stanno fermi e stretti
chi è seduto sta dormendo un po'.
Sguardi bassi sempre fissi a due pollici di schermo
ed un terzo sopra una tastiera
che si affanna per narrare tutto il senso di una vita
con innaturale rapidità.

Io rapito mi distraggo e ripenso al pesco in fiore
che scalavo da bambino
e guardavo all'orizzonte un tramonto ed un futuro
che sognavo differente da
questa metropolitana che mi fa a pezzi la schiena
ma tra poco mi scaricherà
in un fiume di persone che impetuoso mi travolge
e mi sputa come un geyser fuori
ad un angolo di strada sotto un ponte di cemento
dove il sole mi disturba un po'.

E mi metto a camminare per quel tratto che rimane,
mi godo la mia libertà
di pensare a quel che voglio, ammirare con orgoglio
l'immagine che ho di me
per scoprire con stupore che non ha nessun colore
nè sapore e lo sai perché?

Ma il mio tempo è terminato, nel frattempo sono giunto
all'ingresso della compagnia.
La risposta me la scordo e mi amalgamo allo sfondo
di colleghi alla scrivania.

Ma in quell' ultimo secondo mi rapisce una finestra
e lo sguardo se ne vola già
e mi sembra all'orizzonte di vedere un altro mondo
una nuova possibilità
per cambiare tutto questo , per non scendere dal pesco
e riscrivere la mia realtà.